Nella maggioranza dei casi l’ernia del disco, cioè la fuoriuscita fra due vertebre della componente fibroso-elastica (disco intervertebrale), che si rompe e va a comprimere i fasci nervosi della colonna, provocando mal di schiena, guarisce spontaneamente.
La chirurgia è considerata l’ultima chance, praticata (dai neurochirurghi o dagli ortopedici) nel 15% dei casi circa, se il dolore non scompare dopo che il paziente si è sottoposto per almeno quattro/sei settimane a una terapia a base di cortisonici e di altri antinfiammatori. Si interviene anche quando, oltre l’ernia, sopraggiungono complicazioni invalidanti come una sciatica paralizzante che impedisce alcuni movimenti agli arti inferiori.
L’intervento
L’intervento principe è ormai la microdiscectomia: col microscopio operatorio si fa una piccola incisione e si elimina l’ernia dividendola in frammenti. «La microchirurgia, che si avvale di un microscopio operatorio in grado di amplificare in modo estremamente dettagliato le immagini della zona da operare, permette di ridurre l’entità di erosione delle lamine ossee che devono essere rimosse per raggiungere l’ernia», spiega Francesco DiMeco (puoi chiedergli un consulto), neurochirurgo all’Istituto neurologico Carlo Besta di Milano e assistant professor alla Johns Hopkins medical school di Baltimora. «Così si avranno meno cicatrici e meno dolori nella zona lombare dopo l’operazione e un più rapido recupero. L’intervento è in anestesia generale o spinale e prevede di solito almeno una notte di degenza in ospedale».
La riabilitazione
Dopo un mese circa dall’operazione è necessario sottoporsi a un ciclo completo di fisioterapia (almeno 15 sedute), mirato al recupero di eventuali deficit neurologici e al potenziamento dei muscoli addominali e paravertebrali, per favorire la stabilità e alleggerire il carico sulle vertebre operate.
Le recidive
In circa il 5-7% dei casi, l’operazione non protegge da eventuali recidive. In altre parole, l’ernia del disco si può ripresentare a distanza di mesi o di anni.
La protesi
Esiste anche un altro tipo di intervento: l’inserimento di una protesi al posto del disco intervertebrale danneggiato. Questa tecnica è però indicata quasi soltanto nei casi di ernia cervicale. L’aspirazione dell’ernia era all’avanguardia negli anni 80, ma oggi si tende a non praticarla più.
Ultimo aggiornamento: 14 ottobre 2009
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