Focus a cura di Giorgio Walter Canonica, ordinario di malattie dell’apparato respiratorio all’Università di Genova e presidente della Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica (SIAAIC) (puoi chiedergli un consulto qui).
Un quadro come quello descritto da Elena Sofia Ricci (leggi qui) va studiato con attenzione e soprattutto seguito nel tempo. Non basta fare i test allergologici una volta nella vita: negli anni si può diventare sensibili a nuovi allergeni e dunque si dovrebbero ripetere gli esami dopo alcuni anni o alla comparsa di nuovi sintomi.
STORIA DEL PAZIENTE. È importante perché permette di raccogliere elementi che danno indicazioni per la diagnosi e consentono di strutturare un piano terapeutico «su misura» del paziente, che tenga conto per esempio di quali situazioni peggiorano i sintomi, nonché della sua attività lavorativa. Quanto racconta l’attrice fa nascere il sospetto di un’allergia agli acari della polvere o ad altri allergeni come le muffe, che sono presenti e confinati in ambienti chiusi. Altrimenti, con la sola allergia alle graminacee e con quella alla parietaria, non avrebbe avuto tanti problemi a lavorare in teatro.
DIAGNOSI. Si arriva per step successivi che permettono analisi sempre più raffinate.
- Primo livello: si basa su test cutanei con reagenti standardizzati, i prick test. Inoltre è consigliabile eseguire una prova di funzionalità respiratoria (spirometria) e possibilmente una rinoscopia (per escludere altre patologie come poliposi nasale).
- Secondo livello: per confermare i risultati dei test di primo livello, si effettuano gli esami del sangue con la ricerca delle IgE specifiche contro gli allergeni.
- Terzo livello: si utilizza la diagnostica molecolare per valutare le positività «genuine» e le eventuali cross reattività. Grazie a questo tipo di analisi è possibile identificare le componenti dei singoli allergeni: oggi sappiamo che, per esempio, non si è allergici all’acaro «intero», ma a una sua porzione o, meglio, a una sua proteina. Questa proteina può essere presente anche in alimenti: l’acaro, nel nostro esempio, ha proteine in comune con gambero e lumaca. L’allergia alla proteina dell’acaro è quella che dà la positività «genuina», quella al gambero è cross reattiva, e magari può non dare problemi per anni. Ma potrebbe capitare che una persona allergica alla polvere di casa abbia reazioni anche mangiando gamberi.
TERAPIE. L’immunoterapia specifica oggi è l’unica terapia in grado di curare l’allergia, perché va ad agire sulle cause. Per poterla effettuare in modo corretto e trarne giovamento è indispensabile individuare le sensibilizzazioni «genuine» e distinguerle da quelle secondarie. L’immunoterapia specifica per le graminacee è rimborsata in fascia A, quindi accessibile a tutti in tutta Italia dietro prescrizione dello specialista.
Esistono poi farmaci che agiscono sull’infiammazione (corticosteroidi e antileucotrienici) e altri sui sintomi (antistaminici e decongestionanti).
Per chi soffre di rinite allergica sono disponibili terapie tramite inalatori nasali che associano steroide nasale (il più efficace sull’ostruzione) e antistaminici. Attenzione, invece, a non esagerare con l’uso di decongestionanti nasali, che danno sollievo al momento, ma il cui uso superiore ai tre giorni può far peggiorare la situazione.
TI POTREBBERO INTERESSARE ANCHE
Rinite allergica: cause, sintomi e cure
Arrivano le allergie: cause, diagnosi e rimedi
Le 10 regole per affrontare le allergie
Allergie e intolleranze alimentari: al bando 6 test fasulli
Asma grave: in arrivo i farmaci intelligenti