Mettere il paziente al centro e coinvolgerlo nei processi decisionali all’interno dei percorsi di cura. È questo, in poche parole, il grande obiettivo dell’International Forum on Cancer Patients Empowerment, che si terrà il 16 e il 17 maggio 2017 all’Università degli Studi di Milano in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi.
Patient empowerment
Il concetto di “patient empowerment” è riconosciuto da anni a livello internazionale. Ma cosa vuol dire esattamente? «Significa aumentare il potere dei pazienti, far sì che abbiano la possibilità di condividere le scelte che riguardano la loro salute» spiega Gabriella Pravettoni, direttrice della Divisione di Psiconcologia all’Istituto Europeo di Oncologia. «Sia dal punto di vista clinico, quindi per le cure che devono affrontare in un percorso terapeutico, sia dal punto di vista delle politiche sanitarie».
Il Forum
La partecipazione dei cittadini ai processi decisionali rappresenta infatti uno dei valori fondamentali su cui si basa la strategia comunitaria europea, anche nella pianificazione dei nuovi programmi sanitari. Il Forum milanese, dal titolo “Shared decisions, one policy”, sarà ricco di ospiti autorevoli, tra cui il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e quello dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli. La partecipazione al Forum è un’opportunità aperta a tutti gli interessati e non prevede costi di iscrizione, previa registrazione sul sito.
La comunicazione medico-paziente
«Oggi si parla sempre di più di oncologia personalizzata e medicina della persona – continua Pravettoni – e il nostro obiettivo è quello di capire quali sono le risposte di cui hanno bisogno i pazienti, quali sono le tematiche più calde, come per esempio le nuove tecnologie e i nuovi strumenti che a disposizione della medicina».
Com’è cambiata in questo senso la comunicazione tra medico e paziente nel campo dell’oncologia? «Un tempo le parole “cancro” e “tumore” non venivano quasi pronunciate, erano tabù: persino i medici facevano fatica a usarle. Oggi, invece, i pazienti sono informati e, anche se spesso sono informati male, con conoscenze basate sul sentito dire o su fonti non attendibili, lo specialista non può più avere un approccio di tipo paternalistico, ma deve condividere con il paziente, riservandogli un ruolo attivo nel processo decisionale» conclude l’esperta.
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