Resilienza e accettazione: queste sono le parole chiave della mia vita. Capacità di affrontare gli eventi più traumatici senza uscirne a pezzi psicologicamente e nel contempo di non impegnarsi in donchisciottesche battaglie contro i mulini a vento per cambiare ciò che in realtà non si può cambiare. Insomma, io sono una persona che si sforza di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, anche di fronte alle prove più dure.
Una società in cui si fa a gara a chi si lamenta di più
Passati i 40 anni praticamente tutti noi iniziamo a confrontarci con problemi dovuti all’avanzare dell’età sia nostra sia dei parenti più prossimi, senza scordare che in Italia e nel mondo in generale stiamo vivendo un periodo storico particolarmente complicato. Ecco, così, che molti, di fronte a tali scogli, si «spezzano»: viviamo in una società in cui si fa a gara a chi si lamenta di più, ci si crogiola nelle difficoltà, quando, invece, ci sarebbe un grande bisogno di positività. La soluzione per combattere tutto questo pessimismo è, allora, la resilienza, un termine che, nella tecnologia, indica la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi e, in psicologia, quella di un individuo di resistere alle avversità. Essere come quei fuscelli che, in piena tempesta, si piegano seguendo il vento, per poi tornare alla loro posizione originaria una volta passata la buriana.
Sono sempre sotto pressione
E la resilienza soprattutto negli ultimi tre anni è stata una mia fidata compagna di viaggio. Perché, se da una parte sono profondamente convinta che la vita sia meravigliosa, dall’altra questo non significa che non abbia problemi. Anzi, a volte mi succede di sentirmi davvero in ginocchio. Ho, infatti, sia la mamma sia il papà gravemente ammalati, dopo essere entrambi stati colpiti da ictus, e un nonno di 97 anni che vive lontano, a Verona, assistito da una badante, e non ne vuole sapere di raggiungermi a Roma. Tutte situazioni che devo affrontare da sola, senza contare il fatto che ho una famiglia mia da mandare avanti, con una figlia di 11 anni da crescere.
L’amicizia è una risorsa
A volte mi verrebbe da dire «Non ce la faccio più» per la pressione psicologica a cui sono sottoposta. Una pressione che, alla fine, ogni giorno supero per poi ricascarci, tanto che ho pensato di farmi aiutare da uno psicologo. Purtroppo non sono mai riuscita ad andarci perché non ho trovato uno specialista di provata professionalità nella zona in cui abito: essendo già tutto il giorno fuori casa e con la mia bambina alla quale dare tutto il mio amore, non posso permettermi di perdere tre ore per andare in centro a Roma. A sostituire l’analisi ci pensa, però, l’amicizia, fondamentale anche quando non c’è vicinanza fisica: ho una cara amica con la quale ci sosteniamo a vicenda nel corso di lunghe telefonate.
Confido nella mia intelligenza
Ma, soprattutto, confido nella mia intelligenza. Quando arriva la «botta», mi comporto esattamente come i metalli, cambio forma a seconda delle pressioni per, poi, riacquistare quella originaria. È fondamentale, perciò, distrarsi. Faccio un esempio: uscita dall’ospedale dove era stata ricoverata mia madre dopo l’ictus, sono andata al ristorante con mio marito e tre giorni dopo, siccome eravamo vicini a Natale, ho accompagnato mia figlia in un centro commerciale a scegliere i regali.
Qualcuno potrebbe chiedere con che coraggio l’ho fatto, io rispondo citando Confucio, il saggio cinese nato 500 anni prima di Cristo: se hai un problema, affrontalo subito; se lo risolvi, bene, altrimenti non ti preoccupare perché tanto sarebbe inutile. Nella vita ci sono situazioni verso le quali non si può far niente, se non accettarle. Piangersi addosso, in questi casi, aggiunge solo danno al danno. Attenzione, però: questa accettazione non vuole assolutamente dire non occuparsi delle vicende o delle persone che ne sono alla base, ma trovare il tempo per coccolarsi è importante.
Immergersi in un bagno caldo alla sera dopo una giornata in cui tutto è andato storto, la tua bimba che ti salta addosso per abbracciarti fino a farti cadere sul lettone… i momenti belli ci sono, tutto sta nel modo che abbiamo di vedere quello che ci circonda e accade. È una dote meravigliosa quella di tentare sempre di trovare il lato buono delle cose e io l’ho ereditata da mio padre: anche quando è in ospedale, negli istanti in cui è cosciente, regala sempre un sorrisone a chi gli sta intorno. Perciò, è sì vero che ho i genitori malati, ma sono pur sempre con me, come è normale che un nonno quasi centenario possa non essere al cento per cento…
Condropatie alle rotule: non posso sciare
Molto importante quando non siamo psicologicamente in forma è, poi, il sostegno che ci arriva non solo dalla mente ma anche dal nostro fisico. Un modo per essere resilienti è, infatti, quello di prendersi cura dell’«involucro». Bisogna amarsi, rispettarsi, e andare a fare il «tagliando». Il mio tallone d’Achille (anche questo eredità di papà) è l’apparato osseo: soffro di condropatie alle rotule – che mi impediscono di coltivare una mia grande passione, lo sci – e in generale sono molto «rigida», tanto che mi definisco un Pinocchio.
Quindi dovrei fare molta attività fisica e, in effetti, avevo iniziato a camminare mezz’ora e anche più al giorno e prima di andare a letto eseguivo gli esercizi di stretching suggeriti dal mio ortopedico. Ho, inoltre, acquistato una mountain bike con pedalata assistita: c’è chi pensa sia un motorino e invece no, perché il movimento aerobico si continua a farlo come in una normale bici, ma evita di fare sforzi che metterebbero a dura prova le mie ginocchia già sofferenti. Purtroppo, a causa dei citati problemi, ultimamente sto trascurando il mio corpo e di questo ne risento. Non per questo, però, smetterò mai di sentirmi una persona molto fortunata e di vedere sempre il lato bello della vita.
Licia Colò
Testimonianza raccolta da Marco Ronchetto per OK Salute e benessere marzo 2017
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