È il dubbio di tanti genitori appena si accorgono che il bambino o la bambina fatica a respirare con il naso. Far togliere le adenoidi oppure no? Queste tonsille, dette faringee perché situate nella rinofaringe, la cavità che mette in comunicazione naso e bocca, hanno più o meno lo stesso scopo delle più note tonsille palatine, quelle che spesso s’infiammano nella stagione invernale (e non solo). Costituite da tessuto linfatico, hanno la funzione di «filtro» immunitario per tutto ciò che entra nel nostro corpo attraverso la bocca e il naso, quindi con l’alimentazione e la respirazione.
Molto piccole alla nascita, le adenoidi si sviluppano nei primi anni di vita e raggiungono le massime dimensioni intorno ai quattro-sei anni. In seguito, tendono ad atrofizzarsi, fino a scomparire completamente in età giovanile, quando non servono più. In età adulta si riscontrano solo in casi eccezionali.
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Il problema è quando le adenoidi si sviluppano troppo
In alcuni bambini le adenoidi si sviluppano molto e possono occupare quasi tutta la rinofaringe. Quando sono molto voluminose (si dice ipertrofiche) possono provocare conseguenze negative che meritano il ricorso allo specialista otorinolaringoiatra.
Adenoidi: gli svantaggi di respirare a bocca aperta
Il sintomo principale dell’ipertrofia adenoidea è l’ostruzione nasale, che costringe a tenere la bocca aperta per respirare. Non si tratta solo di una seccatura, ma di un rischio concreto.
«La respirazione orale non è fisiologica, perché l’aria che entra nelle vie aeree direttamente attraverso la bocca non può essere opportunamente riscaldata, filtrata e umidificata come invece avviene quando respiriamo con il naso. Per questo la respirazione orale può favorire l’insorgenza di infezione cronica delle adenoidi (adenoidite), che si può accompagnare a infezioni ricorrenti o persistenti di tutte le vie aeree superiori, come otiti, bronchiti, faringotonsilliti, rinosinusiti».
Possono condizionare anche lo sviluppo osseo del viso del bambino
Inoltre, il fatto che il bimbo trascorra molto tempo a bocca aperta può avere conseguenze negative per lo sviluppo osseo delle scheletro facciale e comportare problemi di malocclusione e di ortodonzia. Infatti a bocca aperta il palato duro non è in contatto con la lingua e per questo può svilupparsi troppo stretto e profondo. A volte i bambini con marcata ipertrofia delle adenoidi sviluppano un aspetto tipico, con il viso più allungato, definito facies adenoidea». Luca Amorosa è direttore dell’unità operativa complessa di otorinolaringoiatria dell’Ospedale Maggiore di Bologna.
Rischi per le orecchie
Quando all’ipertrofia delle adenoidi si associa anche quella delle tonsille palatine, spesso compare una notevole difficoltà respiratoria durante il sonno. Questo provoca un russamento intenso e fasi di ostruzione respiratoria completa (apnee ostruttive del sonno), durante le quali si ha una significativa riduzione dei livelli di ossigeno nel sangue. «Un’altra conseguenza importante dell’ipertrofia delle adenoidi è l’ostruzione degli orifizi delle tube di Eustachio. Sono piccoli canali che mettono in comunicazione la rinofaringe con l’orecchio medio di entrambi i lati. Aprendosi di tanto in tanto, esse assicurano il rifornimento di aria nell’orecchio medio, necessario per un’ottimale funzione uditiva.
Senza aria nell’orecchio si accumula il muco
Quando le adenoidi sono molto ipertrofiche e tappano gli orifizi delle tube, l’aria nell’orecchio medio non viene rifornita. Questo può portare a un progressivo accumulo di muco piuttosto denso nelle cavità timpaniche (otite effusiva), che riduce la possibilità di vibrare della membrana timpanica e degli ossicini. Pertanto, un altro sintomo dell’ipertrofia adenoidea può essere il calo dell’udito. Di solito è piuttosto modesto e può non essere rilevato dai genitori, soprattutto quando si verifica in un orecchio solo. Nel tempo, però, se questo problema non si risolve può portare a danni irreversibili dell’orecchio medio».
Adenoidi: utili anche le acque termali
La prevenzione di base, utile in tutti i bambini, consiste nelle quotidiane pratiche di igiene nasale, come lavaggi a getto diretto o nebulizzazioni di soluzione fisiologica. È importante «che il bimbo impari al più presto a soffiarsi il naso in modo efficace. Quando l’ipertrofia diventa sintomatica, è tempo di iniziare una terapia. L’otorino prescriverà, secondo i casi, farmaci mucolitici e cortisonici, decongestionanti e antistaminici, in alcuni casi antibiotici e cortisonici, per via locale o per via sistemica. Anche le terapie termali con acque sulfuree o salsobromoiodiche si sono rivelate efficaci. È preferibile eseguirle dalla primavera inoltrata fino alla fine dell’estate».
Adenoidi: l’intervento chirurgico
Quando il problema non si risolve, e questo fortunatamente accade nella minoranza dei casi, può essere valutato il ricorso all’intervento chirurgico di asportazione delle adenoidi, l’adenoidectomia. Si opera in anestesia generale e per questo l’intervento va preparato con alcuni esami preliminari ed eseguito in sicurezza in una struttura adeguata. Le adenoidi vengono rimosse accedendo dalla bocca e dal naso e, spiega l’esperto, «particolare cura dev’essere posta all’emostasi, per evitare che il sanguinamento persista nelle ore successive.
Dopo l’intervento
Al risveglio dopo l’anestesia, il piccolo paziente può lamentare un leggero fastidio soprattutto alla deglutizione. Per questo, per il primo giorno, si preferisce alimentarlo con cibi morbidi o cremosi e non caldi. Nei giorni successivi l’alimentazione può riprendere normalmente. Di solito, dopo qualche giorno di convalescenza, il bambino può riprendere la frequenza scolastica e le normali attività, anche sportive. Solo per riprendere la frequenza in piscina occorre un po’ di più».
L’intervento non ha complicanze di particolare rilievo, a patto che, come detto, si esegua una completa emostasi. A volte il timbro vocale può subire un lieve cambiamento, che si risolve spontaneamente nel giro di pochi giorni. L’adenoidectomia è indicata in tutti i casi che non beneficiano in maniera sostanziale della terapia medica ed è controindicata solo in presenza di condizioni che non consentono l’anestesia generale, di importanti patologie della coagulazione e di palatoschisi.
Con l’intervento si salva anche l’udito
Nei bimbi affetti da otite effusiva, che non si risolve con terapia medica, si può procedere, nel corso dello stesso intervento, all’aspirazione del muco attraverso un piccolo taglietto praticato nella membrana timpanica, sotto controllo microscopico o endoscopico (miringotomia). Questo taglietto si richiude completamente e senza alcuna cicatrice nel giro di poche ore, al massimo qualche giorno. Quando il muco è particolarmente denso, a volte come la colla, nella miringotomia è preferibile introdurre un piccolo tubicino che assicura l’ingresso di aria nella cavità timpanica per alcuni mesi, dopodiché viene espulso senza necessità di un altro intervento. Questa procedura, di breve durata, non comporta dolore né alcun disagio, e assicura un completo recupero uditivo pressoché immediato. Nei mesi in cui il tubicino si mantiene aperto, però, è molto importante evitare l’ingresso di acqua nell’orecchio.
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