Napoletani, andatene fieri. La vostra invenzione non solo è diventata un piatto celebre nel mondo ma addirittura riserva una sorpresa straordinaria: ebbene sì, possiamo dire che la pizza allunga la vita. Perché in chi ne mangia diminuisce il rischio di andare incontro a malattie cardiovascolari e ad alcuni tipi di tumore.
La classica Margherita, una volta alla settimana, è un toccasana. A una condizione, però: che contenga pochi ingredienti, buoni e sani, come farina, olio extravergine di oliva, pomodoro fresco e mozzarella.
Curioso, vero? Eppure è il verdetto di serissimi studi dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, in collaborazione con altri centri italiani, condotti per verificare se il consumo regolare di questo alimento fondamentale della dieta mediterranea potesse o meno avere conseguenze sulla salute e, in particolare, su alcuni dei cosiddetti big killer. E in effetti si è scoperto che è proprio così.
«Gli ultimi risultati hanno mostrato che chi mangia la pizza almeno una volta alla settimana è più al riparo dall’infarto e da diversi tipi di tumore, in particolare da quelli che più risentono dell’alimentazione, come le neoplasie dell’apparato digerente», spiega Silvano Gallus del Mario Negri.
Mozzarella, pomodoro e olio: un mix eccelso
La controprova è che le stesse abitudini non sembrano avere peso su tumori più dipendenti dagli ormoni, quali quello della prostata, della mammella o dell’ovaio. L’interpretazione di questo dato è ancora oggetto di riflessione, ma di certo con l’effetto benefico c’entrano alcuni ingredienti tipici quali il pomodoro, che contiene licopene, un composto dalle proprietà antitumorali, e l’olio d’oliva, fonte di grassi vegetali che funzionano come spazzini delle arterie.
Va poi ricordato che la Margherita ha un apporto di diversi nutrienti: dagli amidi della pasta ai grassi buoni, fino ai minerali della mozzarella e alle vitamine del pomodoro.
Bisogna specificare che non si campa cent’anni solo grazie alla pizza. C’entra anche tutto il resto della dieta mediterranea, di cui, secondo chi ha condotto gli studi, la Margherita dev’essere considerata un indicatore. Nel senso che, chi ama la pizza di solito ha una dieta che prevede olio extravergine per condire e cucinare le verdure fresche e il pesce.
I vantaggi se si mangia una volta a settimana
Condotte negli Stati Uniti, per dire, le ricerche non porterebbero allo stesso risultato. Intanto perché tutto il resto dell’alimentazione è profondamente diverso dalla dieta italiana e poi perché la ricetta della pizza americana comprende grassi saturi nell’impasto, oltre ad aggiunte pessime per i vasi sanguigni, il cuore e l’organismo in generale, quali salame, tripla farcitura di formaggi industriali, uova e così via. I benefici se ne vanno in fumo e la pizza si trasforma in cibo spazzatura, il cosiddetto junk food che tanti danni fa anche a chi è in perfetta salute.
«La pizza, insomma, fa bene, purché la si gusti nella sua versione più verace e la si alterni agli altri protagonisti della tavola mediterranea», avverte Gallus. «Occhio alle quantità: i vantaggi sono evidenti per un consumo medio, una volta a settimana, ma possono essere annullati se si esagera, come spesso accade con le dosi maxi dell’altra sponda dell’Atlantico».
La Diavola è bocciata
Con la Diavola o le altre pizze strapiene di salsiccia, salame piccante, würstel o melanzane fritte i benefici tanto decantati fin qui se ne vanno in fumo. «Se la semplice Margherita non piace, consiglio di aggiungere delle verdure, magari di stagione e grigliate o bollite», consiglia Carlo La Vecchia, epidemiologo dell’Istituto Mario Negri e dell’Università Statale di Milano. «Vanno invece limitati gli insaccati, che apportano grassi animali dannosi per la circolazione».
La ricetta della vera Margherita? Eccola
Ma qual è la ricetta originale della Margherita? La spiega Aldo Brandi, pronipote di quel Raffaele Brandi che, nel 1871 alla Reggia di Capodimonte, a Napoli, inventò la più famosa delle pizze in onore della regina Margherita di Savoia.
«Per fare l’impasto servono 50 grammi di acqua, 6 di sale, 150 di farina di grano tenero (tipo 00) e 10 di lievito di birra fresco», dice Brandi. «Gli ingredienti vanno amalgamati e lavorati a lungo. Quando l’impasto diventa morbido, elastico e senza grumi, lo si lascia lievitare per quattro-cinque ore coperto da un tovagliolo umido e sopra una superficie di marmo o una tavola di legno. Quindi si stende l’impasto e si guarnisce con passata di pomodori pelati San Marzano, olio extravergine d’oliva, mozzarella fiordilatte, parmigiano grattugiato e due foglie di basilico. L’ideale è cuocerla in un forno a legna. Nel forno elettrico, il segreto è tenerla non più di dieci minuti a 250 gradi. Per valutare bene la cottura bisogna guardare il colore della pasta: appena inizia a dorarsi è pronta».
Agnese Codignola – OK La salute prima di tutto
Ultimo aggiornamento: 14 ottobre 2009