Un adeguato apporto di calcio nella dieta è importante a qualsiasi età, per preservare la salute dell’organismo e dell’apparato muscolo scheletrico in particolare, ma non va dimenticato che senza la vitamina D il processo di assimilazione non può avvenire. Come assumere al meglio e in maniera corretta entrambi i componenti? Abbiamo approfondito l’argomento con l’esperto di OK Pasquale Strazzullo, ordinario di medicina interna all’Università di Napoli Federico II e Presidente della Società Italiana di Nutrizione Umana (puoi chiedergli un consulto qui).
Qual è il fabbisogno di calcio quotidiano?
Il calcio svolge numerose e importanti funzioni nell’organismo: facilita le attività enzimatiche e cellulari ed è critico in particolare per la funzione dei tessuti eccitabili, per la trasmissione dell’impulso nelle fibre nervose e in quelle muscolari, incluso il muscolo cardiaco. Per questo motivo, cioè per garantire queste fondamentali funzioni, la calcemia (concentrazione di calcio nel sangue) è mantenuta costante dall’organismo entro limiti molto stretti. Proprio per questo però, in presenza di un apporto alimentare di calcio cronicamente inadeguato, il calcio necessario a mantenere una normale calcemia viene prelevato in qualche modo dal tessuto osseo, impoverendolo e aprendo quindi la strada all’osteomalacia (che è la demineralizzazione dell’osso) ed eventualmente all’osteoporosi (cioè la riduzione in toto di massa ossea). Il rischio di andare incontro a osteoporosi è peraltro dipendente dal picco di massa ossea che si raggiunge al termine dell’adolescenza, ed è per questo così importante che bambini e ragazzi assumano le quantità corrette di calcio, soprattutto a scopo preventivo.
Occorre ricordare insomma che l’osso è un tessuto “vivo e in movimento”, non statico come spesso si pensa: per consentire il suo regolare quotidiano rinnovamento è indispensabile un apporto adeguato di calcio, non solo nell’infanzia, ma per tutta la vita.
Il fabbisogno di calcio cambia con il passare degli anni?
L’apporto di calcio cambia nelle diversi fasi della vita. I bambini fino a uno-due anni di età hanno bisogno di circa 600 milligrammi al giorno di calcio (assicurati nel corso del primo anno di vita dall’allattamento materno): questo valore sale poi fino a 1,300 mg nell’età dello sviluppo. La quantità indicata per gli adulti è di 1000 mg fino a 60 anni di età e di 1200 mg oltre i 60 anni (questo a causa dell’aumento delle perdite urinarie di calcio). In gravidanza viene raccomandato un apporto di calcio leggermente superiore e pari a 1,200 milligrammi al giorno.
Calcio e vitamina D: binomio vincente. Perché?
La presenza di adeguate riserve di vitamina D favorisce notevolmente l’assorbimento di calcio nell’intestino, assorbimento che avviene anche in sua assenza ma in misura decisamente più bassa. Poiché la maggior parte della popolazione, non solo in Italia, presenta un apporto di calcio alimentare inferiore alla quantità ritenuta appropriata, la funzione della vitamina D è dunque imprescindibile per questo processo. Purtroppo, sia in Italia che altrove, fino all’80 per cento della popolazione (specie gli anziani segregati in casa o in istituti di cura, ma perfino non pochi giovani) presenta una carenza, a volte severa, di vitamina D, che si somma all’insufficiente apporto di calcio. La carenza di vitamina D può causare rachitismo in età evolutiva ed osteomalacia (fragilità ossea) nell’adulto e nell’anziano.
La principale fonte di vitamina D è il sole: è sufficiente, ma allo stesso tempo necessaria, un’esposizione di 15-20 minuti al giorno, anche solo con gambe e braccia scoperte, per garantire all’organismo la quantità adeguata. Un valore plasmatico al di sotto di 20 nanogrammi per millimetro è da considerarsi decisamente inadeguato.
Gli alimenti forniscono non più del 20 per cento della quota necessaria di vitamina D. L’olio di fegato di merluzzo ha la più alta concentrazione di vitamina, buone percentuali si possono trovare anche nel salmone fresco, latte, uova e burro.
Non si possono prevenire né curare l’osteomalacia e l’osteoporosi senza valutare ed eventualmente correggere la carenza di vitamina D eseguendone il dosaggio plasmatico, oggi per fortuna maggiormente prescritto dal medico rispetto a qualche anno fa. Un buon valore di vitamina D nel sangue compensa almeno parzialmente una più scarsa presenza di calcio nell’alimentazione.
Quali sono gli alimenti ricchi di calcio che non dovrebbero mai mancare in una dieta bilanciata?
La fonte più importante di calcio è data dal latte e dai suoi derivati, in particolare i formaggi (dove raggiunge una maggiore concentrazione, specialmente in quelli stagionati). Seguono i cereali, le verdure e l’acqua che forniscono in media il 10 per cento ciascuno dell’apporto totale di calcio alimentare. Poco calcio è contenuto nella frutta, nella carne e per lo più nel pesce (ce n’è però nelle lische, nei polpi e nei crostacei). Alcune spezie come origano, salvia e rosmarino ne sono pure ricche.
Un adeguato apporto quotidiano di calcio è fornito ad esempio da un bicchiere di latte (scremato o intero non fa differenza perché la percentuale di calcio è la medesima), uno yogurt e una porzione di 30-35 grammi di formaggio stagionato tipo parmigiano o grana. Ma anche l’acqua da bere, se ricca in calcio e consumata in misura di almeno un litro e mezzo al giorno, può dare un forte contributo a raggiungere almeno il minimo di 700-800 milligrammi quotidiani indispensabili per una buona salute dell’intero organismo.
Che cosa deve fare chi non consuma latte e derivati, per scelta o per intolleranza al lattosio?
Intanto va ricordato che anche molte persone intolleranti al lattosio sono in grado di assumere derivati del latte in una certa quantità, soprattutto in forma di yogurt e di formaggio stagionato, nei quali il lattosio è largamente pre-digerito: se questo è possibile, è evidentemente di aiuto per un’assunzione adeguata di calcio. Chi ha eliminato invece per scelta o per necessità dalla propria dieta latte e derivati in toto deve sopperire consumando più verdure e legumi (in particolare cicorie, broccoli, cavolfiori, legumi secchi), prodotti addizionati con calcio incluse ad esempio le bevande di soia, utilizzando acque più ricche in calcio ed eventualmente integrando con supplementi di calcio ed eventualmente, previa verifica, di vitamina D. Occorre però sottolineare che l’apporto alimentare è sempre da preferire rispetto all’uso degli integratori che in alcuni studi è stato associato a un maggior rischio di complicanze cardiovascolari. Viceversa altri studi suggeriscono che un maggior apporto di calcio alimentare (dunque attraverso latte e derivati) si associ a più basso rischio di obesità e forse di eventi cardiovascolari.
La carenza e l’eccesso: che cosa succede quando si assume troppo o troppo poco calcio?
Un apporto inadeguato di calcio produce effetti a lungo termine, soprattutto perché entra in gioco il paratormone, sostanza prodotta dalle paratiroidi, che può indurre il prelievo di calcio dalle ossa per mantenere una normale calcemia e garantire le funzioni del sistema nervoso, del cuore, dei vasi e dei muscoli scheletrici: a lungo andare questo processo favorisce la demineralizzazione dell’osso e, in determinate condizioni, contribuisce alla riduzione della massa ossea (osteoporosi) con il conseguente rischio di fratture. L’eccesso di calcio è molto più raro a verificarsi. Assumere una quantità troppo elevata di calcio con gli alimenti è praticamente impossibile. L’ipercalcemia, invece, si può verificare con dosaggi eccessivi di supplementi di calcio e vitamina D o per gravi condizioni patologiche.
di Eliana Canova
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